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Ricordando Giuseppe D’Agata, intellettuale mai sazio

Riportiamo l'articolo di Brunella Torresin, su "Repubblica Bologna" del 7 dicembre 2020.
Sono tra coloro che ricordano la messa in onda de "Il segno del comando", in un bianco e nero da televisore sfrigolante, con Ugo Pagliai e Carla Gravina. Uno dei leggendari sceneggiati Rai, anno 1971. Quando, moltissimo tempo dopo, conobbi Giuseppe D’Agata, scoprii che ne era lui l’autore. In realtà D’Agata era, ed era stato, tante altre cose: partigiano, medico, jazzista, scrittore di successo, sceneggiatore di cinema ("Il medico della mutua"), dipendente Rai, critico d’arte. Aveva vissuto a Roma, era infine tornato a Bologna con la moglie Lucia. Eros Drusiani e Franco Foschi, che gli sono stati amici, gli dedicano ora un memoir in due incontri e uno spettacolo: "
Il Segno di D’Agata".
Avrebbe dovuto svolgersi davanti a un pubblico, verrà trasmesso in streaming sul canale YouTube dell’associazione Orno Teatro
All’origine vi è il progetto di un libro in cui Giuseppe D’Agata racconta di sé e una vita «mai sazia», scandita da incontri straordinari (Eco, Camilleri, Trombadori, Evtuschenko, Ilja Ehrenburg, Giangiacomo Feltrinelli, Moravia, Sordi, Amidei…) durante alcune conversazioni registrate da Foschi.
Scomparso lo scrittore nel 2011, il libro non è stato pubblicato, ma esiste. Da esso è tratto il testo dello spettacolo che Drusiani, cabarettista e scrittore, reciterà il 19 dicembre alle 21 all’Oratorio San Filippo Neri.

Il primo appuntamento però è già venerdì prossimo, 11 dicembre alle 17,dalla Sala Stabat Mater: Alberto Bertoni, Piero Di Domenico, Franco Foschi, Davide Ferrari, Eros Drusiani e la figlia di Giuseppe, Caterina D’Agata, parleranno di libri, film e sceneggiati. L’indomani, alle 16, dall’Università Primo Levi, Silvio Vecchietti, Carmen Lorenzetti e Rinaldo Falcioni parleranno d’arte.
Lui, D’Agata, si descrisse così: «Io appartengo a una generazione lontana, rispetto a quelle che sono alla ribalta oggi. Sono sempre stato fuori mercato, non ho mai scritto per obbligo di presenza, sono sempre stato presente perché mi è capitato, non per dovere».

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